Objects Tiiips Categories
Glass, bioglass and implantology
"Descrizione"
by ivan (999 pt)
2021-Nov-12 19:25

Review Consensus: 20 Rating: 10 Number of users: 2
Evaluation  N. ExpertsEvaluation  N. Experts
1
  
6
  
2
  
7
  
3
  
8
  
4
  
9
  
5
  
10
  2

I vetri sono materiali amorfi, quindi privi di ordine a corto raggio, hanno una struttura atomica disordinata che può essere assimilabile a quella di un liquido sottoraffreddato, si dice “frizzato”, cioè come se la struttura disordinata di un liquido fosse stata congelata. 

Tipologie e i ruoli dei principali costituenti i vetri, quindi vetri a base ossidi:

  • ossidi formatori, (per esempio l’ossido di silicio), che possono dare origine a un reticolo vetroso.
  • ossidi modificatori, ossidi dei metalli alcalini o alcalino terrosi, che di per sé non possono dare origine a un vetro ma possono abbassare la temperatura di fusione, giocano un ruolo importante in alcune proprietà biologiche dei vetri.
  • ossidi intermedi, come l’ossido di alluminio, che sono utili per incrementare le proprietà meccaniche dei vetri stessi.

Gli ossidi modificatori sostanzialmente frammentano il reticolo vetroso costituito da ioni di silicio e ossigeno, quindi rompono gli ossigeni pontanti, che legano due tetraedri di silice, ottenendo 2 ossigeni non pontanti, quindi 2 ossigeni terminali, perché il legame è stato rotto.

I vetri, prima di fondere, rammolliscono progressivamente, quindi all’aumentare della temperatura passano da uno stato solido rigido a uno stato simile a quello di un miele e la loro viscosità diminuisce molto e al di sotto di un valore di viscosità convenzionale. I vetri in questo stadio possono effettivamente essere considerati fusi.

Entriamo nel mondo dei vetri bioattivi o biovetri. I biovetri sono dei vetri speciali che si possono utilizzare come materiali da impianto in ambito biomedico, in particolare sono utilizzati in interventi di riparazione o di rigenerazione ossea. L’osso è un materiale biocomposito, composto da una matrice minerale di idrossiapatite unita a fibre di collagene mentre un biovetro è un materiale completamente inorganico, con proprietà fisico-meccaniche molto simili a quelle della matrice minerale dell’osso.

Alcune composizioni particolari di vetri hanno la capacità di legarsi all’osso vivente.

Il primo vetro bioattivo venne ideato da un ricercatore dell’università della Florida, Larry Hench nel 1969, ed è anche interessante raccontare la genesi di questo materiale: durante un viaggio in treno con un colonnello dell’esercito statunitense durante il periodo della guerra nel Vietnam, il colonnello sapeva che Hench stava studiando dei vetri in grado di resistere alle radiazioni nucleari e gli fece una domanda: “se lei è in grado di elaborare dei vetri così resistenti, non sarebbe anche in grado di sviluppare un vetro capace di resistere ad un ambiente biologico, che è comunque aggressivo?” (ambiente aggressivo perché i fluidi biologici sono fluidi salini che possono aggredire materiali metallici che vengono impiantati, favorendo reazioni di corrosione). Hench venne stuzzicato da questa sfida ed elaborò tra il 1967 e il 1969 alcune composizioni vetrose che potessero essere adatte  per sostituire l’osso  con un impianto in un organismo. Tra l’altro il colonnello che gli fece la domanda propose uno spunto interessante per quel periodo, visto l’alto numero di reduci dalla guerra che tornavano in patria con gravi danni agli arti, per i quali era necessario ricorrere a protesi.

 Hench sviluppò un sistema vetroso costituito da quattro ossidi. 

  • ossido di silicio, l'ossido formatore principale; 
  • ossido di fosforo, un altro ossido formatore ma presente in quantità minoritaria; 
  • due ossidi di metalli alcalini e alcalino-terrosi, cioè ossido di calcio e ossido di sodio.

La composizione di questo vetro, che si chiama bioglass, un vetro brevettato e commercializzato con questo nome, era la seguente: 

  • 45% in peso di ossido di silicio 
  • 6% in peso di ossido di fosforo
  • 24.5% in peso di ossido di calcio
  • 24.5% in peso di ossido di sodio

Il tutto ottenuto attraverso la fusione, quindi con un metodo di produzione classico. Il progetto di questa composizione vetrosa si basava su alcune considerazioni.

Innanzitutto Hench progettò un vetro con un elevato rapporto ossido di calcio/ ossido di fosforo, un rapporto che fosse simile al rapporto calcio/fosforo presente nelle bioapatiti della fase minerale dell’osso. Decise poi di introdurre in questo vetro un elevato contenuto di ossido di sodio e ossido di calcio, questo per ottenere un vetro fortemente reattivo, infatti questi ossidi sono ossidi modificatori, che spezzettano il reticolo vetroso, e consentono che sia reattivo a contatto dei fluidi biologici.  Hench notò anche che per questi vetri era necessario un contenuto di ossido di silicio non superiore al 60%, che è un po’ una soglia per la bioattività del materiale. Vetri che contengono più del 60% di ossido di silicio sono inerti.

Da questo vetro base nacquero molti altri derivati, ad esempio per le composizioni più recenti è prevista una parziale sostituzione dell’ossido di silicio con ossido di boro, che è sempre un ossido formatore, per aumentare la reattività del vetro. Quindi i vetri boro-silicati sono più reattivi e più solubili a contatto con i fluidi biologici rispetto ai vetri puramente silicati. In pratica i vetri boro-silicati sono a metà tra i materiali bioattivi e bioriassorbibili .

Per ottenere vetri ad alta resistenza, ad esempio per applicazioni strutturali, come sostituire una porzione ossea corticale, è possibile incorporare all’interno della composizione vetrosa l'ossido di alluminio. L’ossido di alluminio è un ossido intermedio la cui funzione è quella di aumentare le proprietà meccaniche del materiale. Quindi  giocando sulla composizione è possibile ottenere vetri con proprietà diverse: maggiori o minori proprietà meccaniche, maggiore o minore solubilità e bioattività. Spesso è necessario trovare un equilibrio, perché se si aggiunge ossido di alluminio in quantità superiori al 3% il vetro diventa inerte, quindi il network vetroso diventa chimicamente molto stabile e, a contatto con i fluidi biologici, si comporta come un materiale bioinerte.

Hench voleva ottenere un materiale bioattivo che potesse legarsi all’osso circostante ed elaborò un’ipotesi sul meccanismo di bioattività dei vetri silicati che vedete riassunta in 5 passaggi nella slide sotto.



Una volta impiantato, il biovetro, può rilasciare in ambiente biologico dei cationi degli ossidi modificatori, come l’ossido di sodio. Si instaura uno scambio ionico tra vetro e fluidi biologici: il vetro cede ioni sodio e acquista dalla soluzione biologica gli ioni idrogeno. Come risultato (step 2) si ha la formazione di silanoli sulla superficie del biovetro, che viene quindi idratata ed espone gruppi ossidrilici. È come se sulla superficie del vetro si formassero dei gruppi Si-OH.

Nello step 3 c'è una sorta di condensazione di questi gruppi Si-OH, e si ha la formazione di uno strato di gel di silice, poi il vetro inizia ad assorbire dalla soluzione ioni calcio e ioni fosforo, in modo da formare sulla superficie di questo strato di gel di silice un sottile film di fosfato di calcio inorganico, che (step 5) progressivamente cristallizza in idrossiapatite nanocristallina, molto simile all’idrossiapatite della fase minerale dell’osso naturale. Si parla di idrossiapatite biomimetica, che cioè molto simile all’idrossiapatite dell’osso; invece l’idrossiapatite commerciale che si può usare clinicamente come riempitivo osseo ha tipicamente cristalli di dimensioni maggiori,  idrossiapatite microcristallina, che ha cristalli di dimensioni dell’orine del micrometro. Nell’immagine sotto vedete riassunti graficamente questi 5 step.




Nell'immagine si può osservare ciò che accade: 


a sinistra l’impianto in vetro bioattivo, a destra l’osso, e in mezzo quelli che si chiamano “strati di reazione”; in alto la situazione prima che si formi il nuovo osso, in basso la situazione dopo che si è formato il nuovo osso. A contatto con la superficie dell’impianto in biovetro c’è uno strato ricco di gel di silice, poi, nell’interfaccia tra questo strato di gel di silice e l’osso circostante, c’è uno strato di fosfato di calcio, o meglio ancora di idrossiapatite nanocristallina. Il legame che si forma tra biovetro e osso vivente non è solo un legame meccanico, ma è proprio un legame chimico, i due materiali (biovetro e osso) sono legati intimamente con una interfaccia stabile e continua, che non lascia quindi spazio a zone vuote.  È interessante notare che la formazione di questo strato di idrossiapatite nanocristallina avviene sicuramente in vivo ma anche in vitro, cioè sono state ideate delle opportune soluzioni fisiologiche simulate, acellulari, che riproducono la componente del plasma sanguigno, in cui si può valutare la bioattività del materiale. Con “bioattività” si intende la capacità di un materiale di legarsi all’osso, ma contestualmente capacità di un materiale di rivestirsi di idrossiapatite nanocristallina a contatto con i fluidi biologici.

C’è una normativa ISO che regola questi test, come valutare la bioattività dei materiali e ci sono tutta una serie di prescrizioni, viene suggerito come produrre i campioni, di quale geometria, il volume di questa soluzione fisiologica simulata da utilizzare, la sua composizione ecc.. e dopo quanto tempo andare a valutare se l’idrossiapatite si è formata.

Questo diagramma  chiarisce come variano i vari elementi del biovetro e dell’osso in funzione della posizione lungo l’interfaccia.



Calcio e fosforo crescono nello strato di idrossiapatite fino a raggiungere il massimo all’interno dell’osso, mentre il silicio, che è l’elemento tipico del biovetro, decresce lungo l’interfaccia fino ad annullarsi all’interno dell’osso.

Evaluate