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Anomalie dentarie
"Descrizione"
by ivan (999 pt)
2021-Sep-09 10:08

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ANOMALIE DENTARIE 

ODONTOGENESI:

L'odontogenesi, ovvero la formazione degli elementi dentari, inizia molto precocemente nell’ambito dello sviluppo embrionale. Infatti, il precursore della cavità orale, lo stomodeo, si abbozza nella quarta settimana di vita intrauterina e inizia la formazione della lamina dentale subito a ridosso. Quindi, per noi invertebrati superiori, è un evento fondamentale in quanto ci accompagna in tutta la crescita all’interno dell’utero materno e poi ancora, con la formazione dei denti, dopo la nascita. Esistono due lamine dentali, quella che darà origine ai denti decidui e quella che darà origine ai denti permanenti, che hanno uno sviluppo temporalmente sfasato. Quando si parla in maniera archetipica, per far capire come si formano i denti, di solito si fa riferimento alle tempistiche di sviluppo dei denti decidui e quindi alla prima lamina dentale che si forma in corrispondenza di quelli che saranno i due abbozzi delle due arcate, dei due mascellari (superiore ed inferiore, se usiamo la terminologia anatomica). La formazione della lamina dentale è semplicemente un inspessimento dell’epitelio a forma di ferro di cavallo che, con il procedere del tempo, tende ad invaginarsi all’interno dell’ecto-mesenchima che costituirà i nostri processi alveolari, le ossa dei mascellari, formando un bottone. Quest’ultimo si va ad allungare come un vero e proprio gubernaculum dentis fino a formare un cappello e poi una campana, come è riportato nelle raffigurazioni istologiche che vedete in questa immagine (serve parlarne per descrivere le anomalie che vedremo tra poco). L’epitelio è importante in quanto è l’iniziatore di questo processo (ci sono molti studi embriologici a riguardo, ad esempio quelli di Irma Thesleff, non chiesti all’esame; è utile conoscere questi riferimenti bibliografici nel caso in cui, in un futuro, vi interessasse approfondire l’argomento che impegna intere generazioni di ricercatori e che, nel corso del secondo anno, è appena accennato). Questa induzione dell’epitelio è fondamentale perché sono i fattori di crescita dell’epitelio, che si approfonda all’interno dell’ectomesenchima, a guidare un reclutamento e una trasformazione delle cellule ectomesenchimali, perché vadano a formare quella che sarà la papilla dentaria. A mano a mano che si segue lo sviluppo dell’epitelio, questo diventa una gemma, poi un cappello ed infine una campana e contemporaneamente, con un’induzione che diventa reciproca, anche il mesenchima sottostante, di origine neuroectodermica, ha la sua evoluzione e il suo addensamento.


SVILUPPO DELL’ORGANO DELLO SMALTO:


Dall’epitelio deriva l’organo dello smalto, che è l'altro nome per quella struttura che diventerà poi la campana vera e propria. L ‘organo dello smalto non è presente nell’individuo sviluppato ovvero, con l’eruzione del dente, viene completamente obliterato (cancellato). Quest’ultimo è fondamentale perché dirige la formazione della corona dentaria guidandone perfettamente la morfologia e ovviamente, oltre alla morfologia, anche la qualità dello smalto. Inoltre, è richiamato (in senso morfologico e, in parte, funzionale) istologicamente da tutta una serie di tumori, tra cui l’adamoblastoma di cui parleremo diffusamente (non è sterile avere in mente i procedimenti di sviluppo). L’organo dello smalto è costituito da un epitelio adamantino interno, che è quello che sarà a contatto con la dentina coronale e che poi, all’interno dell’organo, si interfaccia con uno strato intermedio di cellule (probabilmente) staminali, con l’epitelio stellato e che invece, all’esterno dell’organo dello smalto, prende il nome di epitelio adamantino esterno. Quindi ci sono almeno quattro tipologie di cellule, all’interno dell’organo dello smalto, che hanno un ruolo definito. Ne parleremo meglio quando vedremo l’amelogenesi imperfecta (questa è una lieve anticipazione). L’epitelio adamantino interno ed esterno, nel momento in cui è terminata la corona dentaria, si uniscono e danno origine alla lamina di Hertwig che è quella che guida la formazione della radice. I due epiteli senza l‘interposizione dell’epitelio stellato sono quindi all’origine della formazione radicolare e quindi dell’eruzione dentale.


RESTI DI MALASSEZ:


Quelli che sono sempre stati descritti come resti di Malassez o residui di Malassez, che si possono trovare lungo il corso della radice del dente, acquisiscono, negli ultimi anni, sempre più interesse da parte di quei ricercatori che studiano la formazione del dente come chiave per cercare di replicare, in un futuro con le biotecnologie, la formazione del dente. La nostra conoscenza riguardo i fattori di crescita contenuti ed espressi nell’epitelio e nel mesenchima è dovuta all’interesse che abbiamo come comunità scientifica, non solo di studiare il processo in maniera libresca, ma soprattutto per scoprirne le chiavi per poter replicare il processo e poter applicare le biotecnologie, in un futuro, e ricostruire il dente, in parte e/o in blocco.


FATTORI DI CRESCITA E GENI:


Ecco perché acquisiscono fondamentale importanza i fattori di crescita che sono espressi dall’epitelio e dall’ecto-mesenchima durante tutte le fasi della formazione del germe dentario. Ovviamente, di tutti i fattori di crescita e di tutti i geni che si accendono quando si formano i denti, alcuni sono più importanti di altri (sono centinaia). 

Quelli che contribuiscono in parte maggiore non sono più di cinque ed in particolare i “pathways” che vengono più attivati sono quelli delle bone morphogenetic protein (BMP), dei fibroblast growth factor (FGF), sonic hedgehog (SHH) e WMT wingless related integration site ed infine l’ectodisplasina A (Eda-Edar recettore) (importanti per spiegare alcuni tipi di agenesie, mancanze di denti). La cosa più evidente che potrebbe succedere è che, quando si dovrebbe formare quel ferro di cavallo epiteliale, questo non si formi nella lunghezza corretta o abbia dei tratti interrotti. 

La conseguenza diretta è la mancanza di denti (agenesie) o, al contrario, se si forma troppo esuberante si avranno denti sovrannumerari (maggior numero di denti). (Rapido recap) L’epitelio interno genera i prismi dello smalto, la papilla dentale genera la polpa e la dentina, il sacco dentale genera i tessuti parodontali. Conoscere la matrice extracellulare e la componente cellulare della polpa e della dentina è fondamentale per un dentista perché interviene, costantemente, su questi tessuti (es. otturazione o devitalizzazione di un dente). 

LA DENTINA/POLPA E LE PROTEINE COLLAGENICHE:


La dentina, da un punto di vista strutturale, somiglia molto all’osso (tessuto mineralizzato) ma si distingue perché è più ricca di alcune componenti proteiche non collageniche come le cosiddette “sibling” (riportate nella tabella) (“quando vi si chiede della dentina e di che caratteristiche strutturali ha, dal punto di vista delle proteine non collageniche, mi aspetto che mi diciate che si parla delle sibling”). Si chiamano così perché sono proteine molto simili strutturalmente e funzionalmente e hanno un precursore ancestrale comune, derivano per duplicazioni successive lungo lo sviluppo filogenetico dei vertebrati. Una delle più importanti è la DSPP .


Ritornando, invece, nello specifico della dentina, è molto simile strutturalmente all'osso ma differisce fondamentalmente per le proteine non collageniche, la dentina presenta un'altra grandissima differenza rispetto all’ osso; non viene mai rimaneggiata. È un tessuto mineralizzato post-termine, non è sottoposto a rimaneggiamento e non viene continuamente assorbita e rideposta. Quando si parla di odontoblasti, vale a dire le cellule che hanno formato la dentina durante lo sviluppo embrionale e anche dopo durante l’organogenesi dentaria, bisogna ricordare che, una volta che hanno formato la dentina, non la formano più e quindi può essere fuorviante, da un punto di vista lessicale, il termine di odontoblasto/a perché è riferito solo alla fase in cui sviluppa la dentina. L’osteoblasto è una cellula sempre attiva in tutti noi. L’odontoblasto diventa una cellula post mitotica nell'individuo già formato e, probabilmente, contribuisce ad alcune funzioni di mantenimento strutturale e di nocicezione, anche se, indirettamente, la percezione del dolore (nocicezione) è affidata a fibre di tipo a Delta e C che innervano, copiosamente, la polpa. Esiste, però, una teoria idrostatica che spiega come gli odontoblasti all'interno della dentina, a seguito di cambiamenti strutturali e di sollecitazioni meccaniche (decompressioni), possano contribuire all’attivazione della percezione del dolore (nocicezione). Il dente non fa altro che percepire dolore, altro non percepisce. Quando si parla di dentina secondaria si intende quella che, lentamente, viene deposta (pochissima) dagli odontoblasti. Quella terziaria (che vedrete bene in endodonzia), invece, è un qualcosa di diverso perché viene deposta da cloni staminali che vengono reclutati in un'area del dente danneggiata e, proprio per questo, non presenta più la vera struttura della dentina, così ben chiara, e composta dai tubuli dentinali e dalle strutture di riferimento; assomiglia molto ad un osso schiacciato/intrecciato.


ALTERAZIONI NUMERARIE NELLO SVILUPPO DENTALE:

  • IPODONTIA/OLIGODONTIA:

Parlando delle alterazioni dello sviluppo dei denti che riguardano il numero, dobbiamo introdurre il concetto di ipodontia, detto anche ipodonzia.

Il mancato sviluppo di uno o più elementi dentari prende il nome di ipodontia. Si parla di oligodontia (pochi denti) quando mancano sei o più elementi dentari nella formula dentaria che vogliamo considerare.

  • ANODONTIA/EDENTULIA:

Anodontia, patologia rarissima , indica invece la completa assenza di tutti i denti. L’anodontia è certamente dovuta al mancato sviluppo della lamina dentaria e quindi sussiste una grave compromissione dell’epitelio che non si ispessisce nella lamina, non si approfonda nei germi e non dà origine ai processi che abbiamo citato prima. È una cosa difficilissima da vedere per noi. L'anodontia va sempre distinta dall' individuo edentulo, ovvero un individuo che ha avuto i denti ma che poi vengono persi. I pazienti che non sono più in un’età giovanissima possono essere, parzialmente o totalmente, edentuli. Alcuni di noi vogliono utilizzare il termine edentulia solo come assoluto, vale a dire edentulia “totale” (ovverosia nessun dente in bocca) ovvero riabilitazione con le classiche protesi totali, altri, invece, lo intendono in senso più parziale in quanto parlano di edentulia “parziale”.

 

  • AGENESIA

L’agenesia dei singoli denti è molto più frequente ed è correlata, come citavo prima, ad alcuni delle centinaia di geni che regolano Il nostro sviluppo; di cui uno molto interessante è il gene beta che codifica per l'ectodisplasina A. (Altri molto studiati sono AXIN2, MSX1, PAX9 e WNT10A. Sono moltissime le sindromi correlate con l’ipodontia. L’ipodontia e l’agenesia vengono dette, clinicamente, sindromiche o non sindromiche. Sono sindromiche quando sono correlate ad altre alterazioni patologiche, quindi ad altri segni più o meno gravi e sono non sindromiche quando sono apparentemente solo come tali; ovvero non si correla nient'altro di anomalo. Il fatto che un’anomalia dentaria sia sindromica o non sindromica è molto importante perché un’agenesia dentaria può essere una spia per patologie anche più gravi. I dati di prevalenza sono molto variabili e, quindi varia tra 1.6 e 9.6 %. Questo che ho riportato è preso da un libro di testo fondamentale negli Stati Uniti che serve per dare un’idea ma non ha nessun interesse il dato così specifico, che cambia nel tempo, a seconda dei luoghi e della letteratura che si consulta. Questo perché siamo tutti quanti homo sapiens, ma abbiamo differenze notevoli a seconda delle varie etnie (caucasica, nera o mongolica); dobbiamo stare molto attenti. Le statistiche sulle divergenze dei mascellari variano molto per etnia in ambito ortodontico; a dimostrazione di ciò, ci sono alcuni di noi più soggetti a certe anomalie piuttosto che ad altre; per esempio i gialli tendono ad avere la cuspide ad artiglio, noi bianchi potremmo essere più soggetti alle agenesie dei neri. C’è una predominanza femminile lievemente più alta di quella maschile. Un caso sindromico paradigmatico molto importante e che potete vedere è quello in cui, non solo abbiamo l’agenesia di molti elementi e quindi anche un’oligodonzia conclamata, ma anche la displasia ectodermica anidrotica. Avremo di fronte individui che hanno pochi denti in bocca, solitamente non di grandissima qualità per quanto riguarda lo smalto, e, tipicamente, una pelle bianca, diafana, molto sottile e delicata che non ha ghiandole sudoripare (oppure pochissime). Avranno anche dei capelli molto radi, fragili e inconfondibili; questa è la sindrome di displasia ectodermica anidrotica.


Studiare le agenesie dei denti (che non sono patologie gravi quando non sono sindromiche) da un punto di vista genetico è importante, non solo perché è molto più facile grazie agli enormi progressi che sono stati fatti durante gli anni nel sapere tutto quello che vogliamo da un punto di vista genetico (è molto facile avere accesso ad un genoma di una persona e sequenziarlo nei punti che mi interessano), ma anche perché, quando sono sindromiche, possono diventare spia per condizioni patologiche meno palesi ma, certamente, più nocive. Ecco che, studiare tutto ciò e capire quali possano essere, singolarmente, le mutazioni che hanno portato all’agenesia, è di particolare interesse. Uno studio (relativamente recente) che è pubblicato sul journal of dental research, il nostro giornale di punta che ha l’impatto maggiore nella comunità scientifica dei dentisti (pubblica, da più di cento anni, articoli di valore), ha connesso la prevalenza dell’agenesia di msx1 e pax9 con la localizzazione del dente mancante. A seconda che, il dente, vi manchi nel settore anteriore o posteriore può essere più implicato l’uno o l’altro gene. Ma, in realtà, qualche tempo fa si era avuto un gran parlare del fatto che ci potessero essere, nelle donne, particolari tipi di tumori al seno connessi con agenesie dentarie. Erano stati pubblicati alcuni articoli che trattavano questa forte correlazione generando molti timori tra le fanciulle con agenesie, che temevano di avere tumore al seno; sembrava fosse coinvolto il gene pax. Questo è stato, con il tempo, molto mitigato e molto contestato tanto che adesso non se ne parla più. È una notizia sensazionalistica che emerge nella comunità scientifica e che viene, più o meno rapidamente, smontata.

  • IPERDONTIA

L’iperdontia si ha quando si hanno più elementi dentari di quelli che ci dovrebbero essere. Quindi, in bocca, ci sono denti in sovrannumero. Anche qui, i geni coinvolti sono gli stessi che sono coinvolti nella mancata formazione dei denti; avranno, però, mutazioni che li rendono iper-funzionali invece che ipo-funzionali. La prevalenza dell’iperdontia, quale che sia la statistica che andate a vedere, è certamente inferiore rispetto a quella dell’ipodontia; è più facile vedere persone a cui mancano geneticamente alcuni denti che non persone nelle quali vi siano più denti della formula dentaria normale, che vi ricordo essere di 32 denti permanenti e di 20 per i denti decidui. Anche qua è molto più facile che l’iperdontia si palesi come un singolo dente in più, piuttosto che un grande numero di denti. Andiamo a vedere alcuni casi. Nella slide qui sotto, in basso a sinistra, potete vedere un mesiodens, non a forma di incisivo ma a forma conoide che si interpone tra i due incisivi centrali superiori. Al contrario delle ipodontie, le iperdontie sono più frequenti nei maschi piuttosto che nelle femmine. Secondo la zona, i sovrannumerari prendono il nome di mesiodens (quel dente che nasce sulla linea sagittale-mediana in mezzo ai due incisivi centrali, di solito superiori) (rarissimamente), istodens (un dente o un dente conoide che nasce ancora più distalmente rispetto al dente del giudizio, terzo molare o ottavo dente; viene chiamato isto-molare o anche nono dente, ma si preferisce parlare di nono dente quando è un vero e proprio molare che si aggiunge a quello del giudizio). Nomenclatura-> “mesiale è ciò che guarda verso la linea sagittale mediana (le zone inter-prossimali anteriori), distale se è situato alla maggiore distanza da un convenzionale punto di origine.” 


Se, invece, parliamo di denti che si affiancano agli altri ma che non sono nell’arco della dentatura, allora avremo i paradens o paramolari. Possiamo avere i paradens anche vicino ai premolari o, perfino, vicino ai canini. Sono rarissimi quelli vicini agli incisivi. A seconda della forma parliamo di denti conoidi o tubercolati. Conoidi sono, ad esempio, quelli presenti nelle immagini, oppure il mesiodens che abbiamo visto prima. Sono tubercolati quelli che sembrano fatti a forma di tubercolo e che, quindi, sono più cilindrici rispetto ai conoidi veri e propri. Sono molariformi quelli che presentano la forma di un molare, più o meno abbozzato. Certamente, non sono molariformi i denti oriformi che avevamo accennato la volta scorsa in presenza della lue congenita o sifilide congenita.


ANOMALIE NELLA FORMA DEI DENTI:

  • MICRODONTIA/MACRODONTIA:


Esistono anomalie per quanto riguarda la forma dei denti, ovviamente. Si parla di microdonzia o microdontia quando i denti sono più piccoli della norma (è molto difficile stabilire cosa sia la norma, perché se si consulta un qualunque trattato morfo-metrico vi dirà quanto differiscano, tra individui, i denti sia per forma che per dimensione). Si parla di microdontia nei casi sindromici, per esempio, quando è anche associata alla sindrome di down oppure al nanismo ipofisario. È più facile, in questi casi, parlare di microdontia perché è più supportabile.

 

Esistono anomalie per quanto riguarda la forma dei denti, ovviamente. Si parla di microdonzia o microdontia quando i denti sono più piccoli della norma (è molto difficile stabilire cosa sia la norma, perché se si consulta un qualunque trattato morfo-metrico vi dirà quanto differiscano, tra individui, i denti sia per forma che per dimensione). Si parla di microdontia nei casi sindromici, per esempio, quando è anche associata alla sindrome di down oppure al nanismo ipofisario. È più facile, in questi casi, parlare di microdontia perché è più supportabile. La soglia che si stabilisce per definire se un dente sia piccolo o, all’opposto nella macrodontia o macrodonzia, se sia più grande della norma è legata alla sensibilità dell’individuo. La forma e la dimensione dei denti sono geneticamente stabilite in maniera molto chiara e netta. Pertanto, prendete sempre questo come faro o norma; è più facile vedere microdontie che siano sindromiche piuttosto che non sindromiche.


GEMINAZIONE/FUSIONE

 






























Si parla di geminazione quando si trova un singolo dente allargato che, se viene contato come unico, rientra nella normale formula dentaria. In altri termini, ci sono dei denti che sembrano divisi, sembrano dei gemelli siamesi. Per esempio, quei due centrali superiori, che si presentano come un dente separato in due, è evidente che derivano da un tentativo di generazione di sovrannumerari durante la formazione dentaria. Tentativo che non è andato a buon fine. Era geminato il germe, ma non completamente; proprio come due gemelli siamesi. Gli incisivi e i canini sono i più colpiti e trovare elementi geminati è più frequente nel mascellare superiore. Al contrario, si parla di fusione quando si trova un singolo dente allargato che, contato come unico, rivela l’assenza di un elemento nella normale formula dentaria. In questo caso non si stava separando un germe ma se ne sono fusi due che dovevano essere individuali. Sembra che negli asiatici la fusione sia più diffusa rispetto in noi caucasici. Anche qui sono più colpiti i canini e gli incisivi ma è più frequente la presenza mandibolare rispetto a quella mascellare.

 

CONCRESCENZA:
















Abbiamo altre anomalie interessanti come la concrescenza. Si parla di concrescenza quando due elementi sono fusi tramite il cemento radicolare. Vale a dire che hanno due dentine radicolari distinte ma uno strato non interrotto, senza soluzione di continuità, di cemento radicolare (come fonte di due elementi per la parte radicolare). È un fenomeno abbastanza raro che, però, si può verificare nei denti posteriori, specie nel mascellare. È raffigurato, iconograficamente, un caso di un dente del giudizio che, non erotto, si era poi concreto con le radici del settimo. Questo settimo cariato (nella slide) non è affatto facile da estrarre perché è assolutamente appiccicato all’altro dente, completamente in inclusione ossea. Sapere che cosa sia la concrescenza ha una valenza, per noi, molto libresca; come tutte le nozioni non sono mai necessariamente sterili perché vi potrebbe capitare, seppur rarissimamente, il caso in cui vi si presentasse questo fenomeno e quindi, dovendo estrarre il dente, vi potreste trovare in difficoltà. Ovviamente in questi casi bisogna procedere con odontectomia; ovvero tagliare  la radice, estrarre pezzo per pezzo finché non fate piazza pulita di tutto ciò che dovete eliminare. Certamente è sempre sbagliato l’approccio di chi tira sempre di più con le tenaglie e non si pone la domanda se ci sia qualcosa che non va, quando sente che la forza da erogare è troppo alta.


CUSPIDI ACCESSORIE:



















Le cuspidi accessorie sono, forse, l’anomalia dentaria che vediamo più di frequente. In particolare, la cuspide del carabelli, che è molto facile da vedere, è una cuspide accessoria posta sulla superficie mesio-palatina del molare superiore permanente. Quando la cuspide accessoria è mesiobuccale sui molari inferiori, invece, si parla di dente protostylid. Però è veramente molto rara. La cuspide ad artiglio è, invece, un’accessoria degli inferiori; anche questa più frequente nei gialli che nei bianchi. Va tenuta in considerazione per un fatto; ci sono vari tipi di possibili estroflessioni di questa cuspide. Quando è molto estroflessa (come nella foto), fate attenzione a rimuoverla nel caso dia fastidio o vi sia richiesto dal paziente, perché al suo interno potrebbe esserci un cornetto pulpare e quindi un fascio vascolo-nervoso che porta la nocicezione. Pertanto, fa molto male se andate a spianarla con una fresa. Il fatto che sia sindromica è associato alla sindrome di Rubinstein-Taybi.

 

DENS EVAGINATUS:
















Si possono avere delle estroflessioni del dente note come dens evaginatus. Questa, in realtà, dipende da quella fine orchestrazione dello sviluppo dell’organo dello smalto (con i nodi dello smalto) che stabilisce la conformazione precisa delle corone dentarie. L’affronteremo, certamente, la volta prossima parlando della amilogenesi imperfecta ma è importante conoscere come si formano e quali anomalie possano comprendere. Altro non è che una eccessiva proliferazione di alcune porzioni dello strato che compone l’epitelio adamantino interno; si generano, quindi, delle vere e proprie mostruosità in quanto c’è una iperplasia di questa componente dell’organo dello smalto. Dens evaginatus, come vi dicevo nel caso dei premolari (come nella foto nella destra), è diverso dal discorso del dente che vedete qui; questi sono degli incisivi detti a scalpello. Il dens evaginatus è nient’altro che il risultato di un aberrante iper-proliferazione dello strato adamantino interno dell’organo dello smalto. Si vede, clinicamente, con la presenza di tubercoli accessori, ovvero di conformazioni che non dovrebbero presentarsi nella normale anatomia del dente; quindi sul premolare si può avere una cuspide in più, in centro fatta a piramide, invece che avere il classico premolare tutto articolato. Oppure potete avere, negli incisivi più raramente, delle fasce di smalto più larghe che compongono, per esempio, il dente a scalpello. Vale a dire che sui margini mesiale, distale, linguali o palatini degli incisivi avrete una esuberante presenza di smalto (come vedete nella foto in alto). Evaginatus perché si riferisce ad un’evaginazione del dente; la presenza di una estroflessione nella struttura smaltea del dente non è detto che sia solo smaltea perché, quando il tubercolo è molto pronunciato come nel dente ad artiglio, si può avere la sottostante presenza della dentina e della polpa.



DENS INVAGINATUS: 


















Il dens può essere anche invaginatus se, invece di avere un’estroflessione, si ha un’introflessione della superficie.  È stato suddiviso in tre tipologie dal descrittore della malattia. Si ha un dens di tipo 1 quando l’introflessione è piuttosto limitata e, di solito, non eccede la metà dell’altezza della corona dentaria (è come un pozzetto che trovate all’interno). È di tipo 2 quando supera luna certa linea , quindi è più alta della corona dentaria stessa e sprofonda fino a toccare la radice. È di tipo 3 quando crea una comunicazione tra il parodonto profondo e la bocca. Ora capirete che, in tutti questi casi, il dens invaginatus è un grave problema in quanto, anche nel tipo 1, una conformazione a pozzetto facilita, certamente, l’insorgenza di carie; l’auto-detersione è impossibile e la detersione volontaria della superficie è difficilissima. Il Tipo 2 è ancora più grave. Nel terzo tipo si possono creare problemi al sostegno del dente in quanto è coinvolto il parodonto profondo che può sviluppare, più facilmente, malattie parodontali. Nel caso del terzo tipo, il dens evaginatus sovverte la conformazione del dente e dà origine ad un dente piuttosto mostruoso (che spesso viene estratto). Invece, nei primi due tipi, non è detto che non si possa rimediare con un restauro conservativo.


DENS IN DENTE:
















Si ha un vero e proprio mostro quando si tratta di dens in dente, ovvero un’invaginazione così larga che, radiograficamente, sembra di vedere un dente dentro l'altro. “E’ un po’ come quando si trovano quelle arance nelle arance”. Anche qui c’è stato un grave danno durante la formazione del germe dentario; si ha avuto il sovvertimento, abbastanza radicale, della proliferazione degli strati dell’organo dello smalto o un trauma a carico di quest’ultimo che può aver causato tutto ciò. Il dens invaginatus e il dens in dente sono, semplicemente, dovute alla descrizione clinica ma non hanno mai avuto, poi, studi rilevanti sulla genetica. Se il dens invaginatus era bipolare si può avere ovviamente come spiegazione l’abnorme proliferazione, non solo dell’organo dello smalto, ma anche della lamina dentaria.  


 

SMALTO ECTOPICO:



















Lo smalto ectopico è uno smalto che si forma dove non dovrebbe esserci, ovvero in una serie ectopica e non ortotopica. Si riferisce a qualunque tipo di presenza (è un’anomalia ma non è una patologia) di smalto che non ci dovrebbe essere, tipico della perla dello smalto. Si possono avere delle concrezioni sferiformi a carico, specialmente, dei molari; sovente in prossimità della forcazione radicolare dei molari inferiori. Non si fa nulla, se non quando diventa sintomatico o soggetto a carie o perché, per richiesta del paziente, si deve rimuovere. Altre volte non è una vera perla, cioè una sorta di estroflessione (come una sfera), ma è, semplicemente, dello smalto che si è deposto in più, troppo, e che quindi può determinare un’alterazione della corretta formazione del sigillo del parodonto marginale. Quando il dente erompe, quando si oblitera l’organo dello smalto e il dente è pronto a perforare la gengiva, rimane poi un epitelio giunzionale (che, nel corpo, è una struttura più unica che rara in quanto la nostra gengiva, al termine del solco, è molto aderente al dente grazie a tutta una serie di molecole transmembrana che riconoscono la superficie dentale). L’epitelio giunzionale è quanto mai mirabile (in senso latino, cioè straordinario) perché dall’altra parte ha una normale interfaccia come se fosse un epitelio che giace sulla lamina propria. È l’unico caso in cui l’epitelio presenta due interfacce e che funge quindi da collante, sigillo. In presenza di una conformazione irregolare dello smalto è più probabile che questo epitelio sia interrotto, sia più sottile o che si possa interrompere; ecco, quindi, che si giustifica il perché alcuni autori abbiano detto che la formazione di smalto ectopico, anche in semplice formazione in senso radicolare, genera una lassità a livello di questo sigillo parodontale, pertanto una maggiore predisposizione allo sviluppo e all’insorgenza di problemi al parodonto.


TAURODONTISMO:



















È un allargamento della camera pulpare del dente pluri-radicolato. Abbiamo, semplicemente, un abbassamento, più grave secondo i vari tipi di taurodontismo, della forcazione del dente pluri-radicolato. Abbiamo radici più corte e camera pulpare più grossa. Somiglia di più ai denti del toro e per questo motivo è stato chiamato “taurodontismo”. Noi, tendenzialmente come specie, eravamo definiti da alcuni antropologi come cinodonti (con la dentatura più simile a quella dei cani piuttosto che a quella dei mammiferi ruminanti). Anche qui la considerazione della prevalenza lascia il tempo che trova perché dipende dalle etnie e dalle sub-popolazioni.

 

IPERCEMENTOSI:



















E’, semplicemente, la deposizione eccessiva del cemento radicolare. E' noto come è costituito il legamento parodontale e che il cemento radicolare è quel tessuto mineralizzato che tappezza la dentina radicolare. Quando è presente una proliferazione abnorme, eccessiva per varie cause, dei cementoblasti, con il tempo, si aggiunge strato di cemento su strato di cemento. Si allargano le radici che assumono una forma irregolare, eccessiva, abnorme che non comporta la necessità di alcun intervento se non ci sono sintomatologie (di solito non ci sono). Bisogna, però, essere consapevoli del fatto che, questi denti, presentano ipercementosi e che devono essere distinti da una diagnosi differenziale con altre patologie che possono essere più aggressive come anche, alcune volte, tumori benigni (che possono colpire l’elemento dentario). Una nota importantissima è che l’ipercementosi è associata, in maniera forte, al morbo di Paget che è una patologia ossea che vedremo in futuro. Abbiate presente questo: l’ipercementosi, in alcuni casi, può essere la spia che un dentista ha, vedendo una normale panoramica dentale, per intuire se il paziente possa avere una patologia ossea abbastanza rilevante come il morbo di Paget (“se fosse un adulto, alla domanda se è affetto da Paget, risponderà in modo affermativo e non ci sarà una diagnosi non precoce da parte del dentista”).


DILACERAZIONE:


















La dilacerazione, altro non è che la presenza di una radice che non è in asse con la corona dentale, quindi è un dente spostato, piegato. Questo vale per molti tipi di cause ma sono, di solito, quelle compressive o traumatiche che hanno generato una variazione nell’asse più lungo del dente durante lo sviluppo. Quindi, cisti o tumori che hanno compresso durante la fase eruttiva del dente permanente hanno potuto creare una dilacerazione.

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